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Parco Culturale
di Nervi
Wolfsoniana
Il percorso espositivo
Un itinerario culturale particolarmente stimolante è quello della Wofsoniana.
Il Museo si raggiunge dal centro di Nervi percorrendo le vie Marco Sala e Casotti sino all incrocio con via Serra Gropallo. Si passa quindi sotto un arco e dopo pochi metri si raggiunge il Museo.
Già l'ingresso costituisce una sorta di "benvenuto" e dà la possibilità al visitatore di familiarizzare immediatamente con la collezione e il collezionista.
Sulle scale è collocato Colossus, "ritratto acefalo" in cera a grandezza naturale di Mitchell "Micky" Wolfson Jr., eseguito appositamente per la Wolfsoniana dall artista americana Michele Oka Doner. Famosa per le sue sculture, in particolare per le sue pavimentazioni a mosaico realizzate per diversi edifici pubblici negli Stati Uniti - tra cui il suggestivo Walk on the Beach per l Aeroporto internazionale di Miami (1995-2009).
Primo piano: Esotismi
Il primo piano inizia con alcune testimonianze del gusto per l esotico che si era affermato anche in Italia nella seconda metà dell Ottocento attraverso le grandi esposizioni.
Nelle dimore della nuova borghesia in ascesa, gli ebanisti esprimevano il desiderio d'Oriente dei loro committenti in alcuni ambienti, soprattutto il fumoir e la camera da letto.
Esemplare il caso della monumentale stanza neoegizia ideata intorno al 1890 dai pittori bolognesi Fabio e Alberto Fabbi per il palazzo Gonzaga a Guastalla, vicino a Mantova. Il letto che riecheggia le piramidi dei faraoni e il cassettone che presenta una veduta ideale della città di Ninive erano originariamente completati dai pannelli che decoravano il soffitto, in cui i riferimenti all antico Egitto si mescolano con altri di varia natura, cinesi, giapponesi, africani, messicani, perfino dell Amazzonia, tutti a creare quell atmosfera esotica tanto seducente quanto immaginaria.
Reinterpretando motivi dell arte islamica, il mobiliere milanese Carlo Bugatti elabora, attraverso una ricerca formale personalissima, un nuovo stile, la cui originalità viene da subito riconosciuta a livello internazionale.
L enigmatico stipo di Bugatti si accompagna a una potiche decorata a motivi d ispirazione persiana della manifattura Cantagalli di Firenze, a due fioriere disegnate da Galileo Chini, uno degli artisti più importanti dell epoca, all inizio degli anni Venti per le Terme Berzieri di Salsomaggiore dopo una lunga permanenza in Thailandia. E presente anche un disegno del Teatro Alhambra che Adolfo Coppedè rinnovò e ampliò a Firenze nel 1919 in stile "moresco". Tutte le opere citate contribuiscono a ricreare quel gusto per l esotico attraverso cui si espresse l ansia di evasione dal quotidiano e che si diffuse, non a caso, soprattutto nei luoghi dedicati allo svago.
L'arte decorativa moderna
La seconda sezione del museo è dedicata all Art Nouveau, stile decorativo per eccellenza che
si diffuse in Europa e negli Stati Uniti tra il 1890 e la fine della Prima Guerra Mondiale.
La Wolfsoniana propone una parziale ricostruzione del salotto realizzato da Luigi Fontana & C. di Milano intorno al 1902, un esempio interessante di liberty italiano molto vicino a modalità più tipiche dell area franco-belga, con linee estremamente sinuose, oltre all originale utilizzo di vetri e specchi.
Alla produzione italiana si affiancano esempi internazionali, in particolare dell area mitteleuropea, come la credenza dell architetto austriaco Joseph Maria Olbrich e lo studio dell ungherese Ödön Faragó, presentati all Esposizione di Arte Decorativa Moderna di Torino del 1902, il cassettone preziosamente intarsiato di Leopold Bauer e alcuni mobili per ufficio del catalano Gaspar Homar. Anche la vetrata Medusa delle Vetrate Artistiche G. Beltrami di Milano che venne esposta alla mostra torinese del 1902.
Completano il panorama alcuni dipinti e sculture riconducibili alla stessa atmosfera stilistica e culturale: i gessi di Leonardo Bistolfi e Giacomo Cometti, un bassorilievo di Edoardo De Albertis, le tele di Galileo Chini e Giuseppe Cominetti.
Duilio Cambellotti e l ambiente romano degli anni Venti
La terza sezione segna il passaggio al periodo compreso tra i due conflitti mondiali. È dedicata a Duilio Cambellotti, una delle figure più significative all interno del panorama delle arti decorative italiane della prima metà del Novecento.
Le curiose e La notte - i suoi stipi arcaici e eleganti, presentati alle Biennali Internazionali di Arti Decorative di Monza rispettivamente nel 1923 e nel 1925, insieme alla Panca dei timoni e al Mobile dei falchi - uniti alla vetrata Stemma del Trecento e a alcune ceramiche danno un idea della qualità e della poliedricità della sua produzione.
Cambellotti aiuta a contestualizzare le opere di artisti che furono attivi nell ambito romano negli anni Venti: da Vittorio Grassi a Melchiorre Melis ad alcuni giovani che si dedicarono prevalentemente alla ceramica.
Di Ferruccio Ferrazzi, uno dei protagonisti del realismo magico e artista molto legato all ambiente in cui operò Cambellotti, viene presentato L'Idolo del prisma (1925), riferimento emblematico alla ricerca pittorica dello stesso periodo.
La camera dei bambini: Antonio Rubino
Secondo piano: Le biennali di Monza e il gusto déco
Al secondo piano riprende la panoramica sull arte degli anni Venti.
È il "déco", gusto che poi diventa stile ben connotato, a caratterizzare il primo dopoguerra. La prima sala invita il visitatore a un approccio con il "déco" italiano attraverso le opere esposte alle biennali monzesi.
Nel 1923 venne infatti istituita a Monza la Prima Biennale Internazionale delle Arti Decorative allo scopo di rinnovare le arti italiane in un confronto diretto con la produzione internazionale. Suddivisa in sezioni regionali, la mostra presentava diversi saggi, quali, ad esempio, la sala da pranzo di Vittorio Zecchin nella sezione triveneta o i mobili di Ettore Zaccari in quella lombarda che, pur ispirandosi alla tradizione locale, si ricollegano al panorama artistico europeo.
Nel 1925 L'Exposition Internationale des Arts décoratifs et Industriels Modernes di Parigi bandisce l arte rustica e decreta il trionfo dell Art "déco", la cui denominazione deriva proprio dalla manifestazione parigina. La diffusione di tale gusto in Italia si protrae fino ai primi anni Trenta ed è testimoniata, all interno della Wolfsoniana, dai ferri battuti di Carlo Rizzarda e dalle ceramiche di Gio Ponti per la Richard Ginori e di Guido Andlovitz per la Società Ceramica Italiana di Laveno.
Il "Novecento": pittura, scultura, arti decorative
Interni razionalisti
Nella seconda metà degli anni Venti inizia a manifestarsi un nuovo stile, rigoroso e antidecorativo, che propone forme austere e semplificate, in perfetta sintonia con le esigenze della produzione industriale che si stava affermando con forza inarrestabile. È il funzionalismo, in Italia meglio conosciuto come razionalismo.
Uno dei primi esempi di architettura razionalista è il Palazzo degli Uffici Gualino a Torino del 1928, progettato da Giuseppe Pagano e Gino Levi Montalcini. Degli arredi disegnati dai due architetti rimane la poltroncina in buxus, presentata nel 1930 alla IV Esposizione Monzese. Se in quell occasione si fronteggiano ancora le due tendenze, novecentista e razionalista, con il trasferimento a Milano della V Triennale nel 1933, la seconda risulta vincente nei diversi padiglioni costruiti nel parco attorno al Palazzo dell Arte di Giovanni Muzio.
Nell elemento abitativo a struttura d acciaio progettato dagli architetti liguri, Luigi Vietti presenta la sua poltrona in legno lamellare curvato, mentre alla VI Triennale del 1936 Gabriele Mucchi espone le sue sedute in tubolare metallico che Luigi Carlo Daneri utilizzerà per arredare la Colonia Piaggio di Santo Stefano d Aveto.
Anche il tavolo e le sedie per la sala da pranzo di Villa Bedarida a Livorno, progettati dall architetto milanese Piero Bottoni nel 1937, ribadiscono, concettualmente e formalmente, i principi del razionalismo, anche se non destinati, come le sedute di Mucchi, alla produzione seriale.
Futurismo e propaganda
Verso il design industriale
Il passaggio dalle arti decorative al design industriale, che in Italia si impone definitivamente solo con il secondo dopoguerra, è suggerito all interno della Wolfsoniana dall evoluzione dei mezzi di trasporto: dalla bicicletta della ditta Giuseppe Bianchi di Firenze, con i cerchioni delle ruote in legno, simbolo di un Italia autarchica e ancora sostanzialmente rurale, al Conte di Savoia, simbolo di modernità e eleganza, fiore all occhiello dell Italia fascista ansiosa di affermare il suo primato in ogni campo; dalle forme aerodinamiche della Littorina Fiat alla Vespa 125, prodotta dalla Piaggio nel 1949 e diventata inequivocabilmente l' emblema del nuovo corso intrapreso dal nostro paese.
Quattro statue in marmo di Giuseppe Carnevale, a grandezza naturale, raffiguranti Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Mazzini, Camillo Benso Conte di Cavour e Vittorio Emanuele II - i "padri della patria" - accolgono chi entra e rappresentano l inizio della storia raccontata dalla Wolfsoniana. Accanto una scultura del pavese Giovanni Scapolla, omaggio ai legionari italiani che avevano partecipato alla guerra di Spagna, e i pannelli del futurista fiorentino Ernesto Thayaht che introducono all arte di propaganda, proponendo un interessante accostamento che esemplifica come linguaggi espressivi diversi siano stati utilizzati per lo stesso scopo.
Sempre al piano terra sono da notare il bancone dell ingresso e alcune altre vetrine che provengono dal negozio PAM di via XX Settembre a Genova, disegnato da Pietro Lingeri, uno dei maggiori esponenti del razionalismo italiano, negli anni Trenta e successivamente rinnovato negli anni Sessanta in collaborazione con il figlio Angelo.
Il primo piano si conclude con la ricostruzione della stanza da letto per bambini di Antonio Rubino, vero polo di attrazione per i ragazzi.
Pittore, illustratore e poeta, Rubino dedicò la maggior parte della sua produzione artistica all infanzia. La sua avventura nel mondo infantile ebbe inizio nel 1908, quando fondò "Il Corriere dei piccoli", forse il più popolare tra i giornali per bambini.
Formatosi nell ambito della cultura simbolista e dell Art Nouveau, di tale stile seppe offrire nel campo dell illustrazione una geniale interpretazione, adeguando in seguito la sua poetica ai modelli iconografici del trionfante gusto "déco".
La stanza per bambini presentata all interno della Wolfsoniana fu disegnata intorno al 1924. Il disegno dei mobili è lineare e la decorazione appare estremamente unitaria, sia nei tre pannelli dipinti, sia nei singoli elementi d arredo, tra cui spiccano le due seggioline, la cui forma antropomorfa riproduce un bambino seduto.
L'ultima sala propone alcuni dei principali motivi iconografici della propaganda promossa dal regime fascista che, in particolare negli anni Trenta, in coincidenza con la pubblicazione del Manifesto dell aeropittura, si intrecciano strettamente con lo sviluppo delle ricerche futuriste.
Gli artisti che aderirono alle varie ramificazioni di quel movimento che, sempre guidato da Filippo Tomaso Marinetti, viene ormai comunemente definito "Secondo Futurismo", rispecchiavano infatti attraverso le loro opere, spesso connotate da suggestive prospettive di volo, i temi celebrativi di un arte ufficiale ispirata da esortazioni belliciste o da un diffuso culto della personalità del Duce, come testimoniato dal dipinto Il grande nocchiere (1939) di Ernesto Thayaht, raffigurante Mussolini come una sorta di imponente robot.
Gli anni Venti vedono anche l affermarsi dello "stile Novecento" o, meglio, del gusto novecentista, che, partito in pittura con il movimento artistico di Margherita Sarfatti, si affermò anche nell ambito dell architettura e delle arti decorative.
Le differenti varianti linguistiche di questa tendenza trovano un comune denominatore nel ritorno a un ideale classico che, nelle sue diverse declinazioni e nell adesione a un clima internazionale di ritorno all ordine, mantenne tuttavia viva l eredità delle avanguardie storiche, assorbendo allo stesso tempo gli stimoli delle più innovative impostazioni di ricerca del proprio tempo, in una sorta di equilibrio formale che, all interno della Wolfsoniana, si ritrova nelle sedie disegnate dall architetto Marcello Piacentini come dono di nozze per Fiammetta Sarfatti, nel ritratto del critico d'arte Matteo Marangoni, dipinto da Baccio Maria Bacci nel 1919, ne La cena dei rimasti (1924) di Carlo Potente, in Bianca (1924) di Francesco Messina e ne Il bacio (1926) di Alimondo Ciampi.
Se dunque la strategia politica del fascismo riprendeva modelli classici su cui impostare la propria equiparazione con l impero romano, la storia recente del regime era necessariamente riletta attraverso un linguaggio sintetico e dinamico che si ritrova nelle opere dei futuristi.